A Milano viviamo nella periferia sud-est della città. Alloggiamo, in affitto, in uno degli appartamenti che formano il complesso di case popolari detto delle “Case Bianche”.

Chi siamo? Siamo quattro piccole sorelle tra i 32 e i 54 anni, fra noi c’è una statunitense.

Il nostro quotidiano? Lavoriamo per vivere e, per condividere la vita dei nostri vicini, scegliamo lavori manuali semplici. Ci puoi ritrovare in un’impresa di pulizie o a scodellare piatti in una mensa scolastica, come colf a domicilio o in una qualche struttura d’accoglienza.

E la preghiera? Un tempo all’inizio della giornata e un tempo alla sera sono dedicati alla preghiera comunitaria nella cappella della nostra casa. Poi c’è la preghiera personale quotidiana e la condivisione sul testo del Vangelo della domenica, che facciamo insieme settimanalmente. È un modo questo di coltivare uno sguardo contemplativo capace di guardare le persone e le realtà che incontriamo come le guarda Dio.

La porta della nostra casa rimane aperta a chi bussa; alcuni vicini vengono semplicemente per fare due chiacchiere, per bere un the o un caffè o per sfogarsi un po’. C’è chi arriva portando piatti cucinati in casa, chi passa a chiedere un consiglio o per stare semplicemente in compagnia. Certi giorni c’è un susseguirsi di gente e ci rendiamo conto di come, a volte, la nostra casa favorisce l’incontro e la conoscenza reciproca tra persone diverse per idee, cultura e religione. Scopriamo come la fiducia può crescere e possano nascere delle amicizie significative proprio a partire da questi incontri occasionali in fraternità.

Da diversi anni collaboriamo a varie iniziative che favoriscono il dialogo interreligioso: incontri, serate, feste. È sorta anche una scuola di arabo iniziata da una coppia musulmana diventata amica. E così le paure diminuiscono grazie alla conoscenza reciproca che si approfondisce.

Qui la vita ci invita a crescere nella comunione tra noi sorelle, cercando la convivialità e l’unità nelle nostre differenze, così da poterci aprire con umiltà e fiducia all’altro/a che incontriamo in quartiere o per le strade di questa grande, multiculturale e complessa città, in cui povertà-miseria e ricchezza-lusso possono convivere in modo stridente, e dove individualismo e paura dell’incontro sembrano avere, talvolta, l’ultima parola.

Certamente ci sentiamo privilegiate nel poter vivere qui, dove, insieme ai nostri vicini possiamo dire con Gesù: “Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra perché queste cose le hai rivelate ai piccoli.” (Mt 11,25)