Viviamo al Lotto O (come la lettera dell’alfabeto) conosciuto meglio come “lotto zero”, anche se a noi non piace chiamarlo così. Negli anni, grazie alla comunità parrocchiale e alla fantasia di un parroco, da “Lotto zero” il nostro quartiere è diventato “Lotto infinito”. Così va meglio e ci piace di più.

Siamo nella periferia est della città: il Vesuvio ci regala la sua imponenza maestosa e un poco di sano timore, non sia mai che un giorno o l’altro si risvegli.

Come in molte realtà di periferia fra bellezze e difficoltà incontriamo pure la fatica di molti a causa della disoccupazione. Anche per noi trovare un lavoro è sempre un’impresa ardua: se negli anni addietro abbiamo potuto lavorare in piccole fabbriche ora, come molte nostre vicine, lavoriamo per lo più nelle pulizie.

Costruito dopo il terremoto degli anni ’80, il nostro quartiere risulta essere abbastanza “giovane”: strade e cortili sono affollati da tanti bambini che vengono anche da noi per chiacchierare, giocare e fare un disegno e questo ci dà gioia. La relazione con la gente ci richiede tanto ascolto, quando usciamo di casa per andare da qualcuno, fatichiamo ad arrivarci perché siamo fermate lungo la strada, ci piace tanto questo luogo all’aperto dove si può chiacchierare, condividere gioie e preoccupazioni.

Come comunità desideriamo essere quel piccolo seme e quel pezzetto di lievito che, nascosto nel terreno e in un poco di farina, possono donare l’ombra di un albero e un pezzetto di pane ad ogni persona incontrata.