Siamo in un quartiere multietnico e multireligioso come ormai ce n’è tanti nelle nostre città, disseminato di call center, takeaway esotici, negozi arabi e cinesi, movida notturna, e, in mezzo al via vai che riempie le strade a ogni ora, c’è anche chi vende apertamente droga, o il proprio corpo.

È una convivenza variegata che una parte dei residenti storici accetta con fatica. Al contempo però, sono nate iniziative per favorire l’incontro, l’integrazione, la conoscenza reciproca e spazi di accoglienza per offrire servizi di base alle persone che vivono per strada. Anche noi siamo lì per cercare l’incontro, soprattutto con i più feriti dalla vita. Non abbiamo altro da offrire che un saluto, il tempo per ascoltare, lo spazio della nostra casa per ritrovarci -magari- intorno a un caffè. E succede che l’incontro diventa incontrarsi, se ci si accoglie come si è, e la ferita che l’altro non nasconde mi aiuta a far pace con la mia, quando scopro che non c’è niente che possa cancellare la bellezza che mette in noi Chi, guardandoci, ci ama.