Cacciatori di luci

L’Aurora Borealis (the Northern Lights) è un fenomeno che attraversa i cieli d’Alaska. C’è chi passa tutta la vita senza mai vederlo e chi, come i cosiddetti “cacciatori delle luci” spende molto tempo a corrergli dietro.

Arrivata in Alaska avevo sete di un’esperienza simile a quelle sperimentate dalle sorelle “pioniere”, eppure non viviamo più sull’isola al cuore degli Eschimesi come nel passato. Siamo ora nella città di Anchorage, in un’Alaska moderna e altrettanto diversa da qualunque altra città. Qui le sorelle mi trasmettono l’arte del “tenersi caldi”. Mi insegnano a fare solette per scarponi tagliando pelliccia di coniglio con un attrezzo chiamato “ulu”. Mi coprono di cose calde fatte quarant’anni fa’ da sorelle che ora sono in Cielo. E’ un po’ come vestirsi di un amore ancora vivo. 

A differenza loro, pioniere dei primi anni, non devo trasportare pezzi di ghiaccio per ottenere  acqua potabile… Ugualmente, però ci sono ancora montagne da trasportare. (Che siano sempre le stesse?) Sono le montagne che ci separano: l’incredulità, l’ostilità, il non-amore…

Lavoro come addetta pulizie nelle sale operatorie di un ospedale. In un mondo dove la posizione spesso determina importanza e influenza, sento di essere un “nulla d’Amore”. Un giorno, un infermiere, vedendomi portare la spazzatura scherzando mi ha chiesto: “Aspiri a svuotare il cestino?” Dopo il mio sì ha replicato: “Dovresti aspirare a qualcosa di più grande!” Ho risposto: “Ha ragione… ma prima devo fare questo, con grande amore.” A questa risposta si è sciolto e mi ha regalato un grande sorriso.

In realtà, avevo immaginato un lavoro che mi avvicinasse al popolo autoctono per conoscere questa terra a partire dagli  sguardi. (L’ospedale infatti è unicamente al servizio degli Eschimesi). A parte gli altri “piccoli” per lo più addetti alle pulizie e provenienti in gran parte da Somalia, Sudan, Congo, Gambia, Thailandia, Filippine, Puerto Rico, Samoa e tanti altri Paesi, per il resto mi trovo in un mondo ricco di anestesisti e di chirurghi. Un giorno, scoraggiata perché non mi sentivo in comunione con i poveri, mi sono lamentata con Dio, che ha risposto con tenerezza e luce: “chi non ha conosciuto il Cristo, Ricchezza di Dio, è ancora un povero.”

Rilanciata in questa corrente d’amore mi sono impegnata a imparare tutti i nomi del personale addetto alle sale operatorie(circa trentacinque persone), desiderando ottenere con semplicità la loro fiducia. 

Pian piano mi sembrava che le montagne si spostassero da quelle sale; oppure era solo il mio sguardo ad essere mutato? Ho visto l’emozione di un’infermiera quando aveva perso la sua fede nuziale, e la mia collega (una Filippina che parla poco l’Inglese) ed io aprivamo tutti i sacchi di camici sporchi per cercarla. Era come cercare un ago in un pagliaio! Quando la collega l’ha ritrovata, l’infermiera è  scoppiata in pianto abbracciandola. Ricordo pure un anestesista intento a rovistare nella spazzatura: era anche lui alla ricerca di un oggetto smarrito… Passandogli accanto, scherzando gli  ho chiesto se fosse abituato a questo genere di “scavi”. Una domanda apparentemente banale ha permesso però, una confidenza inattesa… quest’uomo, di umili origini era cresciuto in un quartiere popolare. La sua famiglia, per vivere andava alla ricerca di tesori nei cassonetti del vicino quartiere benestante.

Ricchi e poveri accumuliamo tutti della spazzatura in cui, a volte, viene gettato qualcosa di prezioso, dei pezzi di vita. Ma se qualcuno, senza troppi perché, viene con noi a cercare… Se qualcuno ascolta e ama senza imporre troppe condizioni, magari  troveremo una perla, una luce sepolta che neppure sapevamo di possedere…

Oltre l’Aurora boreale, c’è un’altra meraviglia alascana di cui si parla di meno. Accade ad ogni crepuscolo invernale, quando il sole tramonta, e sembra risplendere in tutti i suoi colori, assorbito e allo stesso tempo sprigionato, nascosto e restituito, dalla neve. Come se cercasse di diffondersi in una monotonia arsa dalla sete di luce.

(Poco dopo aver scritto questo testo mi hanno trasferito in un altro reparto dell’ospedale: lì nessuno mi conosceva. Lo spostamento mi sconvolge ancora. Sembra che tutto sia da costruire di nuovo. Trovo Dio in un testo forte di Giovanni della Croce che mi aveva accompagnata nel lasciare l’Italia per l’Alaska: “Per arrivare a Ciò che tu non hai, devi spingerti là dove non hai niente…”)

Ps Emily

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