Sintesi d’un intreccio

Ha trascorso gran parte della sua vita condividendola con tanti amici Rom e Sinti. Piccola sorella Angela Gabriella, in quest’intervista, ci condivide le tracce -decise pennellate- del passaggio di Dio nella sua vita. Oggi, nella fraternità di Termoli, nonostante i suoi ottant’anni suonati sperimenta una nuova giovinezza…

  • Quale sogno portavi nel cuore quando hai chiesto di entrare in Fraternità?

Per lunghi anni ho custodito nel mio cuore “un sogno“ o forse meglio un’aspirazione, un desiderio, quello di consacrare a Dio la mia vita, ma come? Quando ero ragazza un tale desiderio portava, di fatto, a scegliere un istituto di suore, ma io non sentivo alcuna attrazione per una cosa del genere, anzi piuttosto una certa repulsione. É pur vero però, che mi attraeva la preghiera silenziosa, la meditazione, una vita povera e questi elementi  potevano portarmi verso il monastero, ma non volevo separazioni di grate, ritiro dal mondo.

Quando ho completato gli studi con la maturità, ho pensato che dovevo operare una scelta e, a quel momento, mi è sembrato che un istituto missionario potesse concretizzare il mio “sogno”. L’approccio è stato così deludente da farmi abbandonare ogni idea di “entrare in convento”. Ricordo la preghiera che ho fatto in quel momento tra le lacrime “Signore io volevo darti gli anni più belli della mia vita, ma è stato un disastro, allora pensaci tu come e quando vuoi”. Questo mi ha dato serenità e così semplicemente ho ripreso la mia vita di giovane, studente, figlia e sorella, custodendo nel cuore il “sogno”. Avevo allora diciotto anni.

Ho vissuto così dieci lunghi anni prima impegnata nello studio, poi in un lavoro che mi piaceva, ma che volutamente era a tempo determinato perché essendo “in attesa” non volevo impegnarmi in un lavoro che sarebbe stato difficile lasciare.
In quegli anni ha preso sempre più corpo il desiderio di orientare tutta la mia vita a Dio, il bisogno di preghiera silenziosa, la ricerca di una vita sobria e il bisogno, per quanto possibile, di essere solidale con i poveri.

Aveva fatto breccia nel mio cuore il testo del vangelo di Matteo (6,25-34) sull’abbandono alla Provvidenza, che si conclude con “cercate il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani… a ogni giorno basta la sua pena”. Sentivo che era così che volevo vivere, in una libertà autentica sostenuta dal sapersi nelle mani di Qualcuno che ha cura di te.

Quando per puro caso nel ‘66 ho visto un documentario alla TV sulla vita delle Fraternità nate da Fr. Charles di Gesù’, ne sono stata come “fulminata”. Improvvisamente mentre vedevo ed ascoltavo, ho realizzato che era proprio quello che cercavo senza saperlo, una nuova forma di vita religiosa in cui si conciliavano: la radicalità dell’appartenenza a Dio e la condivisione della vita semplice e ordinaria di chi si guadagna il pane con il proprio lavoro. Una vera vita contemplativa, vissuta non tra le mura di un monastero, ma in mezzo al mondo dei poveri. Il mio sogno dai contorni imprecisi corrispondeva perfettamente a quello che io avevo colto del carisma della Fraternità.

Quella sera mentre guardavo la TV ne ho avuto come una certezza interiore molto forte che non è stata più messa in discussione, anche se nel cammino ho incontrato varie difficoltà. Quella certezza mi ha sempre sostenuta e guidata e ha fatto luce nei momenti più bui.

  • Come “il sogno” ha preso forma, come negli anni si è concretizzato?

Quando sono entrata in Fraternità ho realizzato quanto fosse radicato in questa comunità lo spirito nomade, dovuto alle sue origini nel deserto del Sahara con una povera popolazione nomade, che viveva in tende o piccole capanne ai bordi delle oasi. Quando poi la Fraternità si è estesa al mondo intero e ad altri ambienti, nei nostri paesi occidentali sono state fondate alcune fraternità tra gli “zingari”, Luna Park e circhi. Sono stata attirata da questo genere di vita che mi sembrava immagine della vita cristiana (il concilio descrive la Chiesa come popolo di Dio in cammino). Fin dall’inizio per una serie di circostanze, senza averlo espressamente chiesto, mi sono trovata a vivere in una “roulotte” nei terreni in cui stazionavano gli “zingari”.
L’incontro con il popolo dei Rom e Sinti (come loro si definiscono e non “zingari”) è stato per me fondamentale.

  • Per prima cosa le parole del vangelo di Matteo sull’abbandono alla provvidenza, sul vivere il momento presente, “l’oggi”, che tanto mi avevano colpito, tanto da diventare il filo conduttore della mia vita, sono diventate carne, parola vissuta che tanto ha alimentato la mia preghiera e la mia prassi di vita.
  • Quello che più ho amato di questo mondo è la vita insieme che non sempre è “rose e fiori“… è semplicemente VITA con le sue tensioni, rotture, conflitti, precarietà, spazi limitati, mancanza di “privacy “. È anche capacità di ripartire, di resistere anche in situazioni limite, di vivere la solidarietà creativa, di fare musica e festa. Questa vita insieme è stata per me una vera scuola dalla quale sono stata plasmata e che mi ha fatta crescere. Adesso sono in grado di cogliere il dono prezioso che ho ricevuto semplice risultato di un intreccio di vite.
  • Quale è stato il periodo più intenso della tua vita e il tempo più sofferto?

Nella storia della nostra fraternità c’è stato un momento in cui la sorella che aveva più esperienza di vita con i ROM è dovuta partire. Così sono rimasta io, che solo da poco più di un anno ero ritornata (dopo una lunga parentesi di vita sedentaria per un servizio alla Fraternità), e due sorelle più giovani alla prima esperienza. Improvvisamente mi sono sentita caricata di un peso che gravava sulle mie spalle. Ho trovato la forza di portarlo e con le altre la gioia di fare progetti per il futuro, di cercare insieme come formare comunità tra noi e crescere nella fiducia reciproca. Quello è stato forse il periodo più intenso della mia vita dal punto di vista di ricerca, di creatività, d’inventiva e anche il più sofferto perché ogni crescita passa attraverso “crisi “ che sono sofferenze feconde

  • Come stai vivendo questa fase dell’esistenza, cosa nutre il tuo cuore?

Porto nel cuore tutti i SINTI e i ROM conosciuti, profondamente grata per quello che ho potuto imparare dalla loro vita e li affido al Signore, ma una pagina della mia vita è girata e senza rimpianti, guardo avanti.

Adesso mi trovo in tutt’altro contesto e imparo a vivere dando senso a ciò che faccio. La prima cosa che mi è posta d’innanzi è il tempo a disposizione, il silenzio e una certa solitudine, cose tutte che prima dovevo industriarmi a trovare e che adesso mi sono date gratis! Allora intravedo una strada per la quale il Signore vuole condurmi che forse è quella dello svuotamento perché lui possa prendere più spazio. Un cammino nuovo solo in parte che mi richiede una certa attenzione, disponibilità e anche una certa curiosità e meraviglia.

Sì, la meraviglia è che mentre il mio corpo invecchia, dentro mi sento più giovane di prima, come un bimbo che si apre alla vita, ad una vita che non è altro che un immenso fiume d’amore. Allora non resta che immergerti, lasciarti portare dalla corrente, abbandonarti con fiducia a questa volontà d’amore che tutto conduce… anche la mia povera esistenza.

Ps Angela Gabriella

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