Speranza a La Palmilla

Da quasi quattro anni vivo a “La Palmilla” alla periferia di Malaga. Nel quartiere convivono Gitani, Gaggi e migranti di diversi Paesi: Romania, Nigeria, Guinea,Equador, Paraguay, Marocco, Siria, ecc.

La mancanza di lavoro ha gravi conseguenze per la città: Malaga vive del turismo e, in questo tempo di pandemia non ci sono turisti. Molti alberghi, ristoranti e bar sono  chiusi e molti hanno perso il posto di lavoro. Nel nostro caseggiato c’è una donna che lavora come cameriera ai piani in un hotel, è fissa, ma l’hotel ha aperto solo qualche giorno ad agosto e poi le lavoratrici si sono ritrovate in cassa integrazione. Un’altra vicina, cameriera ai piani, lavoratrice stagionale, quest’anno non è neppure stata chiamata.

Alcuni vicini cercano di vendere al mercatino cose di seconda mano, a volte recuperate  nella spazzatura, ma, non essendo permessa la vendita ambulante, spesso arriva la polizia e requisisce la mercanzia.

Molti provano ad ottenere qualche tipo di sussidio del Governo: la “non contributiva”, il “reddito minimo”, “l’ingresso minimo vitale”, la “paga per maggiori di 45”, ecc… sono sussidi temporanei e sono un aiuto nel momento in cui si riesce a ottenerli. Insieme a tutto questo c’è ogni sorta di traffico, tossicodipendenza, alcolismo, prostituzione, delinquenza… Per questa ragione molti dei nostri vicini sono in carcere: entrano, escono e tornano dentro. Le famiglie, spesso con bambini a carico, rimangono molte volte indifese.

In carcere molti hanno contatti con la chiesa evangelica e cominciano ad avvicinarsi a Gesù, a conoscerlo. Alcuni, incontrandolo, desiderano cambiare vita. Spesso ce lo manifestano nelle lettere che ci scrivono. Purtroppo però, quando escono, il desiderio non sempre si realizza.

Antonio è un vicino alcolizzato: non può più lavorare e, nonostante provi ad ottenere un sussidio per via della disabilità, non ci riesce. Solitamente mangia alla mensa popolare e il fine settimana, quando è chiusa, viene in Fraternità. L’altro giorno uscendo dal medico, dove l’avevo  accompagnato,, ha approfittato di qualche soldo ricevuto per offrirmi il caffè e pagarmi il biglietto dell’autobus. L’ho accettato molto volentieri. Ammetto di essermi sentita molto felice di poter ricevere qualcosa da lui, che non può mai dare niente. Il dare e ricevere è stato per entrambi una gioia reciproca. Come non ricordare l’esperienza della malattia di fratel Charles? Le vicine hanno cercato il latte delle capre degli accampamenti vicini per salvarlo.

Qualche giorno fa passando davanti a una casa, una giovane donna stendeva vestiti da bambino. L’ho salutata e mi ha chiesto: “Lei è una suora?”. Quando le ho detto di sì, ha condiviso che quella sera doveva entrare in carcere per tre mesi perché l’avevano sorpresa a rubare vestitini per i suoi figli. Adesso, entrando in carcere, lascia un bambino affidato alla zia e gli altri quattro affidati a sua madre.

Nel quartiere ci sono molte famiglie marocchine. Molte vengono in Spagna perché i figli sono malati e nel loro paese non hanno la possibilità di curarsi. Capita che siano persino rifiutati e maltrattati a causa della loro malattia. In Marocco lasciano la famiglia, il lavoro… e perdono tutto cercando come curare i loro figli. Qui mi risuona la parola del Vangelo: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. Lc 9,24

Siamo anche testimoni di tanta solidarietà fra le vicine. Una condivide i vestiti di sua nipote con un’altra che ha tre nipoti e i cui genitori sono senza lavoro. Anche in questo tempo di pandemia in cui molta gente non ha da mangiare, una famiglia condivide quello che ha con un’altra che non ha niente o che ha di meno. Anche noi entriamo in questo movimento di dare-ricevere. Molte volte vengono le vicine a chiedere un boccone, un cartone di latte, una scatoletta di tonno, o il necessario per fare un sugo… E altre volte i vicini condividono con noi quello che hanno: frutta, pasta…

Uno dei grandi problemi di Malaga è la carenza di alloggi. Se è vero che il costo degli affitti equivale ad uno stipendio, è vero anche  che non ci sono case, infatti da molto tempo  non si costruiscono case popolari. L’occupazione delle case vuote è una questione ricorrente. L’anno scorso abbiamo vissuto quest’esperienza nel nostro stabile. Encarna, con il suo bambino di otto anni, era in affitto nell’appartamento di fronte al nostro. La proprietaria per vari mesi le ha chiesto di riconsegnarle l’appartamento perché lei stessa ne aveva bisogno per viverci. Nel nostro palazzo c’era un appartamento vuoto e Encarna ha quindi chiesto al padrone di affittarglielo ma lui, per varie ragioni non ha voluto. Ritrovandosi senza casa Encarna ha deciso di occupare l’appartamento che il padrone aveva rifiutato di affittargli. Encarna ha vissuto una grande lotta: se da un lato  non voleva occupare una casa,  dall’altra non poteva andare a vivere sotto un ponte con suo figlio. Tutto è finito bene, anche se con molta sofferenza da parte del padrone, ed è già un anno che sta vivendo lì, anche se non si può dire che il problema sia risolto.

Finisco condividendo qualche riga trovata in un libro: “Il male che combattiamo fuori è anche dentro… e il desiderio di giustizia, l’anelito dell’altro e la bellezza e la tenerezza e il rifugio sono anch’essi incisi nelle viscere più intime di ogni essere umano. E questa è la nostra minuscola e radiosa speranza”. La Palmilla è un quartiere che combatte per la vita e penso che ciascuno di noi, nel proprio “quartiere” interiore, si ritrovi nelle stesse dinamiche. Attraversiamo le “valli della morte” perché, dopo tutto, abbiamo sete di Vita vera. Sono testimone di quando nei bassifondi delle nostre disperazioni personali o sociali, ci giunge, in modo anche inatteso, la voce di Colui che vincendo la morte regala la Vita. Il caffè con Antonio, la ricerca di Encarna, la resilienza quotidiana di tanti vicini sono segno nascosto, silenziosa certezza dei passi del Risorto. Cristo Risorto abita questa Galilea “iberica” e l’intimo della mia anima: Lui, sempre presente, porta avanti e conduce per noi, con noi e in noi la “buona battaglia” della vita!

Ps Rosalia


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