Voler fare o voler essere?

Sono nata e cresciuta a Capriolo, un paese vicino al lago d’Iseo al confine delle province di Brescia e Bergamo. La mia famiglia era una famiglia allargata, con bellezze e fatiche; vivevamo nella casa dei nonni paterni con due zie, un cugino, mamma e papà e noi tre fratelli.

L’attenzione all’altro, sia in casa che nel vicinato, era la normalità… quanti gesti di solidarietà e accoglienza ho visto vivere. La quotidianità era attraversata da gioie e dolori, dal pianto e dalla riconciliazione… senza dimenticare la festa!

I miei famigliari e diverse persone del mio paese concorsero a farmi scegliere “per Dio”. Nel mio cammino in particolare ricordo alcuni volti di papà, di mamme, del mio allenatore di atletica leggera, di sacerdoti, catechisti, suore, persone emarginate, amici che fanno parte della mia storia e a cui sono riconoscente per la testimonianza semplice di una vita donata.  

Intorno ai vent’anni si fece più insistente la domanda su come spendere la mia vita e sul suo senso.  Il bisogno di silenzio e di riflessione sulla Parola di Dio mi spinse a cercare spazi di solitudine in un monastero e a partecipare ad incontri vocazionali. In quel periodo, inoltre, mi iscrissi a un corso biblico serale. Mi sentivo sempre più affascinata dalla Parola e dal mistero di Dio, dal bisogno di stare con Dio, di conoscerlo e ascoltarlo. Mi guardavo intorno, incontravo persone, le ascoltavo lasciandomi interpellare e prendendo a cuore alcune fragilità e limiti. Fu in questi anni che mi lasciai abitare dalla possibilità di donare la mia vita a Dio, di avventurarmi seguendolo.

Alla fine del corso biblico aderii al pellegrinaggio in Palestina e partii con nel cuore un dubbio e un desiderio. Il dubbio sull’esistenza storica di Gesù e il desiderio di comprendere la mia strada. Fu camminando per quelle strade che, a Betlemme, la guida in una pausa pranzo, propose ad alcuni di andare in un quartiere povero a visitare la fraternità delle piccole sorelle di Gesù.

La loro casa, in mezzo a tante case, in un quartiere musulmano, era molto semplice e le piccole sorelle ci accolsero con gioia facendoci visitare anche la loro cappellina. Questo primo contatto mi parlò molto di una vita tutta per Dio, nella gratuità e nell’anonimato di una presenza amante come Gesù a Nazaret.

Il provvidenziale incontro, mi accompagnò per mesi, fin quando decisi di approfondire la spiritualità di Charles de Foucauld, e di contattare le piccole sorelle di Milano.

Passarono alcuni anni prima di chiedere di entrare in Fraternità e in questo tempo, vissi un combattimento tra il “voler fare” e il “voler essere”. Seguire Gesù nella Fraternità lo sentivo un invito audace all’Amore incondizionato per Dio in Gesù e all’Amore incondizionato per ogni essere umano. Provavo al contempo paura e attrazione. La prima mi faceva indietreggiare, la seconda mi spingeva a fidarmi e a porre la mia fiducia totale nel Signore. Fu in questo contrasto che aiutata da un accompagnatore spirituale, ebbi il coraggio di dire Si.

Sono in Fraternità da ormai 27 anni e in me ritrovo gioia e gratitudine. Sento quanto la relazione con Gesù dia gusto alla mia vita perché intessuta con tanti volti, tanti amici… Gioia e gratitudine per le ricchezze e le provocazioni ricevute vivendo in diversi Paesi e realtà: dai giostrai in Francia a Napoli, dal Niger con i Toubou, popolo nomade del deserto, al Burkina Faso e ora, ormai da qualche anno a Milano. 

Ps Giuliana Chiara 

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