Un panaro e… tanta creatività

Forse avete già sentito parlare di quei famosi cesti napoletani, chiamati “panari” che, legati ad una corda, si fanno scendere dalle finestre delle proprie abitazioni quando si compra frutta, verdura, pane da qualche ambulante. Sono molto pratici perché la merce arriva direttamente a casa! In questo momento, anche se gli ambulanti nel nostro quartiere si sono fatti rari, questi panari sono diventati un elemento essenziale della nostra vita perché ci permettono di condividere, senza rischio di contagio, dolci fatti in casa, piatti cucinati dai vicini, farina quando questa è introvabile nei negozi.

Due settimane fa una vicina ci telefona dicendoci di andare da lei. Dalla finestra fa scendere il suo panaro e scopriamo che dentro c’è, non solo una fetta del dolce di compleanno, ma anche una busta con 20 euro! Sappiamo che anche lei, in questo momento, vive nella precarietà, vogliamo renderglieli, ma ci dice subito: “Anche voi ne avete bisogno, perché non lavorate più”. Accogliamo la sua offerta come l’obolo della vedova del Vangelo. Sono tanti i segni di solidarietà che abbiamo ricevuto. Quante telefonate per sapere se, noi o i nostri vicini, abbiamo bisogno di qualche cosa.

Da poco più di un mese, poi, il nostro quotidiano è ritmato da un nuovo appuntamento. La sera, verso le 20.30, accendiamo una candela davanti alla finestra del soggiorno, ci sediamo, facciamo il numero di telefono di una amica che abita nel palazzo di fronte al nostro e mettiamo l’apparecchio in vivavoce. Lei ci risponde e chiama la vicina di pianerottolo, questa chiama a sua volta la sua famiglia al telefono, loro si siedono ognuna sulla soglia del proprio appartamento, ci scambiamo qualche notizia su come è trascorsa la giornata, le intenzioni che abbiamo nel cuore e cominciamo a pregare insieme. La preghiera allora ci unisce come i grani del rosario. Qualche sera la preghiera si fa supplica, altre volte diventa consolazione, ma è sempre comunione… Comunione tra noi e il Padre, ma anche comunione con il quartiere, che si estende davanti alla nostra finestra e, attraverso di esso, con il mondo intero. Tutto questo grazie all’iniziativa delle nostre vicine e alla loro perseveranza.

Viviamo anche dei momenti duri quando le situazioni diventano più drammatiche. Qualche giorno fa, dopo una lunga e penosa degenza, è morta di Covid-19 la sorella di una vicina. È duro, quando arriva la morte, non poter essere vicine; quando le parole non bastano è difficile non poter abbracciare chi è nel lutto. In questi momenti scopriamo che la nostra creatività si mette in moto per trovare modi altri di “farci vicine”: il telefono o il famoso “panaro” offrono la possibilità di una prossimità. Partecipiamo anche alla sofferenza quanti vivono con amarezza la propria solitudine oppure di chi, come una nostra vicina, ha un familiare in fase terminale che non può visitare. Cerchiamo di custodire tutto ciò nella nostra preghiera.

In quello che ognuno di noi vive, siamo anche meravigliate dalla creatività che sviluppano i genitori per occuparsi dei loro figli, dopo quasi due mesi di confinamento. C’è chi ha organizzato un pic-nic sulla terrazza; chi prepara il gioco dell’oca “fatto in casa”; chi inventa bricolage, pasticceria, corsa ad ostacoli nel soggiorno; chi, per accontentare i figli che sognano di andare al Mc-Donald, fabbrica una “scatola pranzo” rossa con la grande M gialla, prepara sandwich e patatine fritte e le mette nella scatola, per la grande gioia dei bambini! Certo, questo stimola la nostra creatività e la pazienza necessaria per vivere giorno dopo giorno questa situazione difficile.

Sperando che anche voi possiate gustare ogni giorno un po’ delle meraviglie nascoste fra le sfide di questo tempo, vi abbracciamo

le vostre piccole sorelle di Napoli
Anna Serena, Clémence, Elisa Anna e Gioconda

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