Da appena sei mesi sono entrata in una casa di riposo.
Una settimana dopo essere uscita dalla quarantena che sanciva il mio ingresso in questa realtà tutta nuova mi sono ritrovata a terra: non riuscivo ad alzarmi, la gamba destra era stranamente piegata, il femore era rotto. Il seguito, un vero trambusto: ambulanza, ricovero in ospedale, operazione, quaranta giorni in casa di riabilitazione. La fisioterapia a ritmo serrato è stata occasione per nuovi incontri.
Parallelo al trambusto esteriore, anche interiormente ero in tumulto. Era davvero troppo presto, almeno umanamente, per far fronte a tanto spaesamento… Il ritorno in casa di riposo, anche se accompagnato dalla calorosa accoglienza delle residenti e delle suore, tutte felici di rivedermi finalmente in piedi, è stato per me come rientrare una seconda volta in un mondo tutto nuovo. Ho dovuto re-imparare i percorsi per raggiungere i luoghi comuni e soprattutto i tempi e i ritmi dell’orario quotidiano. Tutto è molto impegnativo, anche la preghiera comune, così diversa dalla nostra, più che nutrimento è ancora sforzo di adattamento. Spero che il Signore riceva la buona volontà!
Nonostante i tanti limiti, comincio a gustare la gioia dei primi approcci con l’una o l’altra residente: timidi scambi nel corridoio, in ascensore, prima o dopo il pranzo … è come l’inizio di una nuova “appartenenza” a un “popolo” -quello delle case di riposo-, provato dalla vita e dall’isolamento dai propri cari e ora più che mai anche dalle restrizioni lunghe e tristi dovute al Covid. In tutto ciò mi lascio interpellare e ispirare da fr Charles: “Farsi tutto a tutti per donare loro Gesù… tessere relazioni di affetto, essere un fratello, una sorella, tenera con tutti e per tutti, per condurre poco a poco le anime a Gesù praticando la dolcezza e la compassione di Gesù”. Oggi, pur nella mia debolezza, sento questo desiderio come l’orizzonte “alto” del mio vivere qui.
Ps Elide